L’ultima volta di Nenni a Livorno nel nome di “Mené” Modigliani/Il Tirreno

I protagonisti Il racconto L’ultima volta di Nenni a Livorno nel nome di “Mené” Modigliani L’allora vice presidente del consiglio fece tappa in città il 12 novembre 1967 Il fratello di “Dedo” è tra i politici livornesi più importanti del Novecento

di Massimo Bianchi(*)

Livorno Pietro Nenni vice presidente del consiglio e massimo esponente del partito socialista unificato il 12 novembre 1967 tornò a Livorno. C’era stato la prima volta nel lontano 1913, giovane repubblicano, era nato nel 1891, a presentare in piazza Cavallotti con Cesare Tevené la candidatura del giovane avvocato Giorgio Campi, suo coetaneo, figura che ha attraversato la storia livornese, autore del testo dell’Inno Amaranto musicato dal Maestro Alberto Montanari, un eroe che nel luglio del 1924 nel Consiglio Comunale egemonizzato dalla maggioranza fascista si alzò per commemorare Matteotti. Nenni era tornato nel maggio del 1946, segretario nazionale del PSI per il referendum istituzionale in sostegno alla scelta repubblicana, che da noi vinse con 80, 50% e 51.324 voti su 66. 668 aventi diritto, con una affluenza oggi irripetibile del 94, 99%. È rimasto nella storia il suo slogan “O la Repubblica o il Caos”. C’era una grande voglia di partecipazione e tante speranze nella costruzione di una società migliore dopo venti anni di dittatura, che pure a Livorno aveva registrato un vasto consenso. Le foto di allora ci mostrano l’immensa folla convenuta in piazza XX settembre dove fu presentato da Urbino Guedri, esponente dell’antifascismo e dirigente livornese del Partito. L’occasione per tornare fu la commemorazione del ventesimo anniversario della scomparsa di Giuseppe Emanuele Modigliani. “Mené” (fratello maggiore di Modì), per i compagni, che è stato certamente l’uomo politico livornese più importante nel secolo che ci sta alle spalle e una delle figure più luminose e coerenti del socialismo italiano dagli albori del secolo sino al secondo dopoguerra. Nato nel 1872 da una famiglia ebraica, avvocato, fondatore della sezione socialista il primo maggio 1894 nei locali della Fratellanza in una riunione presieduta da Andrea Costa primo deputato eletto della sinistra italiana e Gran Maestro Aggiunto del Grande Oriente d’Italia. La giornata fu lunga. Nenni, come era consuetudine dei dirigenti nazionali di allora, visitò la Federazione in via Verdi accompagnato da Vera Funaro, vedova di Modigliani per salutare il gruppo dirigente del Partito. Con commozione ricordarono il periodo lungo e duro dell’esilio parigino, la partecipazione alla concentrazione antifascista, le fughe per sottrarsi agli arresti. Dino Tremolanti, che era stato assessore nella giunta del sindaco Ub erto M ondolfi raccontò un episodio: «Di ritorno da Zimmervald venne chiesto a Mené come era andata la riunione e chi fossero i presenti. Espose il contenuto del manifesto conclusivo dell’Internazionale socialista e ricordò le delegazioni estere precisando che in quella russa c’era un uomo piccolo con certe idee che non avrebbero costruito niente: era Lenin». In Comune venne ricevuto dal sindaco Bino Raugi a cui la vedova consegnò alcuni oggetti appartenuti a Modigliani, le medaglie d’oro delle varie legislature parlamentari e i cimeli donatigli dai portuali e dai lavoratori livornesi in segno di ricono scenza per la sua attività politica, che speriamo vengano esposti nel “nuovo “Museo della Città in allestimento. Il primo non ha suscitato grandi consensi e soprattutto dava alla narrazione della storia della città una interpretazione discutibile. Al sindaco venne anche consegnato il primo volume contenente gli interventi dei deputati delPSI da11882 al 1900 e la raccolta dei periodici e degli opuscoli sul movimento operaio dal 1815 al 1952 editi dall’Ente per la Storia del Socialismo e del Movimento Operaio Italiano. A villa Fabbricotti rese omaggio al busto del parlamentare livornese, donato negli anni Cinquanta dai socialdemocratici. Infine al Cinema Odeon, accolto dall’affetto dei compagni. Presentato da Sirio Carlesi segretario «storico dei socialisti livornesi», Nenni ripercorse la vita politica di Modigliani dall’ingresso in Parlamento sino alla tragica sconfitta dell’Aventino: «Con Turati, Treves e Prampolini militò nella corrente riformista con acutezza e originalità di pensiero e si impegnò nella battaglia per il suo rinnovamento. Fu uno dei pochi tra i socialisti che comprese che, finita la prima guerra mondiale, non si trattava di riprendere il discorso politico al punto in cui era stato interrotto, ma c’era la necessità di mutare l’ordinamento stesso dello Stato e l’insediamento sociale. Suggerì alla Cgil un vasto piano di riforme che riteneva necessarie e ne sottolineò l’urgenza e invitò il Partito ad alzare la bandiera della Repubblica. Ma “la repubblichetta di Modigliani”, così venne derisa, cadde nella incomprensione generale e ad essa i socialisti massimalisti nella suggestione della rivoluzione bolscevica, opposero l’appello alla conquista violenta del potere, alla dittatura del proletariato sconfinando nell’utopia e perdendo il contatto con le masse. Quell’errore costò al Paese la dittatura sotto l’egida monarchica e al movimento operaio la scissione comunista del 1921 prima e la successiva sconfitta dinanzi alla violenza squadrista. Contro il fascismo condusse una lotta accanita implacabile e intransigente. Durante l’Aventino il suo grido fu “Viva il Parlamento” a significare la fedeltà agli Istituti rappresentativi dei quali il fascismo dal 1922 al 1926 intraprese la distruzione. Dopo l’assassino di Giacomo Matteotti rivestì la toga per costituirsi parte civile non solo contro gli autori materiali e i mandanti ma contro Mussolini stesso. Fu l’ultima battaglia forense e politica prima di essere costretto all’esilio”. Modigliani era stato aggredito dai fascisti una prima volta a Roma il 20 luglio 1920 poi il primo maggio dell’anno successivo sul treno Pisa -Viareggio e la sua abitazione in città venne saccheggiata. Ricordò Nenni che “la battaglia che più gli stette a cuore sempre fu quella per la pace e contro la guerra; la guerra in sé, senza aggettivi, senza distinguo, senza eccezioni e come di fronte allaprima guerra mondiale solo il PSI, anche all’Interno dell’Internazionale, fu dichiaratamente non interventista”. Al ritorno dall’esilio partecipò alla Costituente e dopo la vittoria della Repubblica, si oppose al patto di Unità d’azione con il PCI -peri socialisti rivelatosi un suicidio- e nel gennaio 1947 seguì Giuseppe Saragat nella scissione di Palazzo Barberini, che indebolì la presenza elettorale del PSI che era risultato il più votato nella sinistra alle elezioni politiche de11946. Nenni colse l’occasione anche per lanciare un appello e una spinta al rinnovamento al Partito, che l’anno prima aveva posto fine con l’Unificazione Socialista alla scissione del Psdi, suscitando tante speranze, ma che dava già i segni di un progetto incompiuto, destinato rapidamente ad essere una delle tante occasioni perdute della sinistraitaliana. Si rivolse alle nuove generazioni: «Per quanto riguardai giovani peri quali in questo periodo si parla di smarrimento e se ciò accade ne siamo tutti responsabili. Dipende da noi socialisti iniziare con loro un discorso riflessivo sul nostro tempo, sulle loro aspirazioni. Non possiamo pensare di insegnare loro il socialismo come un dogma. Dobbiamo dare conoscenza di libertà, di democrazia, di uguaglianza sociale, dobbiamo fare del socialismo la realtà vivente del nostro popolo». Modigliani era scomparso a Roma i15 ottobre 1947 ed è sepolto al Verano accanto a Bruno Buozzi segretario della FIOM trucidato il 4 giugno 1944 dai nazisti in fuga nella campagna romanainsieme a 14 partigiani.



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