Mancuso: «Dio è relazione» L’intervista. Vito Mancuso è unodeí più noti teologi italiani, docente di filosofia all’università Vita e Salute di Milano e sarà protagonista di un dibattito sabato all’Accademia europea di Bolzano. «La chiesa, di mattoni, è il tempio esteriore. Noi, siamo i possessori di quello interiore»
PAOLO CAMPOSTRINI
BOLZANO, Ma quanto parla Dio,
di questi tempi, quanto pare
che lo faccia? A Bruxelles, prima di freddare due innocenti,
qualcuno ha urlato “Allah Akbar”, Dio è grandissimo. Modi,
il premier indiano pone le prime pietre ai templi degli “ultrahindu”, perché vede il suo, di
Dio, sopra gli altri. Poi c’è Sde–
rot, il progrom, dove gli ebrei,
solo incidentalmente israeliani,
sono stati inseguiti e decapitati,
uno ad uno. Con quelli di Hamas di nuovo ad invocare Dio
quasi a dirgli: vedi, ti onoriamo.
Net.anyahu, poche ore fa, ha citato la Bibbia, il testo sacro letto
da tremila anni nel tempio, a Gerusalemme.
Anche da Gesù. Ha detto: “E’
il tempo della guerra”. I crociati, nelle valli intorno a Cesarea,
morivano e uccidevano rincuorandosi, tra gli scudi, con “Dio
lo vuole”: Gli ottomani, scalando le mura di Costantinopoli, sognavano la mezza luna al posto
della croce a Santa Sofia. E invocavano Allah scimitarra in mano. Tutti paiono amare un Dio
che divide. Noi di qua, gli altri di
là, oltre la trincea. E gli tirano
fuori parole che sembrano pietre mentre ogni uomo o donna,
in cuor suo, sa fin da principio
di potergli parlare, mai così bene e così’ intimamente, come
davanti ad un paesaggio, con l’aria calma e la luce che scende.
“Perché Dio è relazione”, dice
Vito Mancuso. E ha molto a che
fare con la bellezza e assai meno
col brutto. Relazione, non frattura. Poi ci sono le chiese. Ma
potrebbero essere mosche o sinagoghe, o templi indu o animisti. Le quali sono fatte di pietra e
ci si va per pregare. Non sempre, lì dentro, si sentono parole
che riguardano la bellezza del
creato e la “relazione” tra uomini e tra uomini e cose.
Mancuso, uno dei più noti
teologi italiani, docente di filosofia all’università Vita e Salute
di Milano, poi di storia delle dottrine teologiche a ipadova, pensatore, scrittore, saggista, traccia un segno di riconoscimento
tra il tempio – e dunque la chiesa, la sinagoga, la moschea — e
chi ci sta fuori e poi ci entra a
pregare e a osservare i riti che vi
si svolgono.
“La chiesa, di mattoni, è il
tempio esteriore. Noi, siamo i
possessori di quello interiore.
Se l’interiore è già pieno di certezze, senza un vuoto carico di
attese, privo di ricerca e di inquietudini, il tempio esteriore è
solo politica”. Dice così: politica. Intende che senza di noi che
portiamo le nostre anime in cerca di “relazioni” anche con Dio,
il tempio di mattoni, e dunque
le istituzioni religiose, è un luogo in cui si fa economia, politica, geopolitica. Dove magari si
indica anche un nemico. Mancuso si è trovato spesso al centro
di accesi dibattiti con i teologi
più formalmente aderenti alla
dottrina. E in particolare sul terreno che predilige: il dialogo
con le altre fedi, la sua lettura
del peccato originale, aver spezzato la stretta connessione tra
morte e peccato stesso, la critica nei confronti di un tempio
esteriore troppo a lungo privato
di quello interiore.
Vito Mancuso è atteso a Bolzano. Vi giungerà sabato, alle li,
presso l’Eurac, l’accademia europea. La sua relazione — invitato dal collegio altoatesino del
Grande Oriente d’Italia, con
presente anche il gran maestro
Stefano Bùsi – ha un titolo: “La
costruzione ciel tempio interiore”.
Troppe certezze fanno male,
professore?
“lo mi sono sempre riconosciuto nelle parole del cardinale Carlo Maria Martini, mio maestro:
dentro di noi c’è un credente e
un non credente che lottano
continuamente. Uno dei compiti della coltivazione spirituale
penso sia quello di cercare l’armonia del creato”.
Dove si colloca la religione?
“L’esperienza di vita di tutti gli
uomini coglie sempre uno squilibrio tra l’interiorità e la storia.
Tra quello che sentiamo possibile – la libertà, la giustizia – e come invece la storia plasma il
mondo. E’ dentro questo spazio
vuoto tra interiorità e storia che
sta la religione”.
C’è chi non crede.
“Ma la religione è ricerca, tante
volte, non certezza. E’ Io spazio
della ricerca che da fiato allo spirito, alla psichè dei greci. Tanti
avvertono che la loro interiorità
non è completa solo guardando
al mondo com’è. Altri credono
invece che noi siamo solo un
pezzo di mondo. Non hanno bisogno ne di un tempio interiore
ne di quello esteriore”.
Oggi sembra che le religioni
non tengano più insieme il mondo. Guardiamo soprattutto ai
luoghi dove hanno i propri templi originari addirittura tre, come Gerusalemme. In molti casi
ritengono il loro tempio esteriore l’unico degno e si uccide in
suo nome.
“Ecco perché è decisivo tendere
all’armonia come composizione possibile tra l’interiorità
umana e la storia. Lasciare questo vuoto tra le due cose, dove
coltivare le differenze. E soprattutto individuare le relazioni.
Diceva il cardinale Martini: lo
stupore davanti alla bellezza del
creato è un comune sentire di
credenti e non credenti. E dunque anche tra chi crede diversamente”.
Lei si è detto favorevole alla
contraccezione, alla fecondazione assistita. Anche all’autodeterminazione sul piano del fine vita. Perché?
“Osservo che alcuni. temi del
mondo laico possano essere più
giusti rispetto al giudizio che ne
da il mondo religioso. Occorre
praticare uno sforzo maggiore
sul piano della libertà” .,
Che Intende come?
“Mai disconnessa dalla responsabilità”.
E’ un dibattito peraltro molto
presente tra i teologi, in particolare nel mondo tedesco no?
“Certo, penso a Flans Kung e
questo proposito. La libertà
dell’uomo e la sua responsabilità invocate e perseguite nel corso di tutta la vita non possono
essere messe da parte davanti alla morte”.
Come mai?
“Per la ragione che la morte fa
parte della vita, ne è semplicemente l’ultimo atto”.
Lei ha tenuto tempo fa una conferenza : Istruzioni per arrivare
vivi alla morte. Che vuoi dire?
“Che il percorso di libertà e responsabilità non si interrompe.
La costruzione del tempio interiore è il riempimento di un vuoto con la ricerca del senso delle
cose, l’individuazione di Dio
dentro la bellezza del creato,
nella connessione tra noi e la
storia e dunque il mondo
com ‘è”.
Quando dice che il tempio esteriore, dunque moschee, sinagoghe, chiese si troverebbero a
far solo politica se prive di deli in grado di costruire il proprio
tempio interiore, guarda anche
a ciò che accade in tante parti
del mondo in nome della religione e dunque di Dio?
“E’ inevitabile. A molti uomini
basta quel tempio lì, inteso come dogmi e libri. E si privano
del vuoto. Che è quello spazio
che dobbiamo riempire noi per
colmare lo squilibrio col resto
del mondo”.
E costruire relazioni in base al
tempio interiore, comune a tutti e non a quelli esteriori?
cpsì”.