La Facoltà di Medicina: «Durante la bufera, il “comandante” non deve abbandonarsi a generiche accuse».
Mauro Cucè
L’ombra del sistema clientelare-massonico di nuovo sulla città. A distanza di un anno e mezzo dalla denuncia dell’arcivescovo Calogero La Piana che squassò le coscienze di una città intera, provocando reazioni di diversa natura, Messina torna a confrontarsi con una verità che a molti fa male e che affonda le proprie radici nella storia. Questa volta a gettare il macigno nello stagno è stato il direttore generale del Policlinico, Giuseppe Pecoraro, che martedì ha parlato apertamente di un clima di “fratellanza” che caratterizza tutta la città. Non solo la sanità, sia ben chiaro.
«So di non essere uno gradito, l’ho capito in questi due anni e mezzo – ha detto Pecoraro –. Abbiamo dato vita a provvedimenti storici per questa struttura, ma in tanti mi hanno avvicinato e in maniera subdola hanno provato a convincermi del contrario. Nessuno mi ha minacciato, sia chiaro, ma intimidazioni sotto traccia, ammiccamenti e cose similari, queste sì». E ancora. «In questi anni ho stretto tante mani e troppe volte mi sono sentito passare il dito sul polso, un gesto per capire se io sono affiliato alla massoneria. Qui le cose funzionano così, il meccanismo è ben rodato e non lo scopro certo io. Chi non ci sta viene respinto».
Dichiarazioni pesanti, che inevitabilmente ieri hanno provocato una pioggia di reazioni. A cominciare da quelle di Gustavo Raffi, gran maestro del Grande Oriente d’Italia che ieri ha sparato contro Pecoraro. «Vedere l’ombra della massoneria nel reparto ginecologia del Policlinico di Messina è sicuramente dovuto a un colpo di sole estivo o a stress post-ferie. Affermare che lì comandano i massoni – aggiunge – che magari si aggirano nei reparti con tanto di cappuccio e camice bianco, è una boutade che francamente fa sorridere e ricorda il vecchio vizio di chi, per combattere gli elefanti dell’inefficienza, cerca capri espiatori nelle facili trame di misteri e baroni».
Per Raffi «invece di vedere cosa accade in sala parto, il manager lamenta anche di essere stato “toccato” sul polso con un segno di riconoscimento massonico e senza essersi sottoposto a visita ortopedica, imputa a questo le disfunzioni di una struttura sanitaria che, senza esprimere giudizi nel merito, forse merita miglior coordinamento. «Rassicuriamo il direttore Pecoraro – conclude con una frecciata al veleno – nessun fratello è implicato nella paradossale vicenda accaduta nell’unità di Ostetricia e ginecologia».
A dire il vero, l’analisi di Pecoraro era più ampia e riguardava i meccanismi che governano la città e non si riferiva alla Massoneria ufficiale, ma al sistema massonico-clientelare che impedisce lo sviluppo. Esattamente come fece La Piana.
Delle affermazioni di Pecoraro ieri si è discusso anche durante l’Assemblea della Facoltà di Medicina e Chirurgia, convocata urgentemente ieri pomeriggio (numeri discordanti sulle presenze). «ll recente deprecabile episodio ha scatenato commenti e reazioni da parte di politici, media e figure istituzionali – si legge nella nota inviata dal preside Emanuele Scribano – sui quali la Facoltà, riunitasi in forma assembleare, intende esprimere alcune valutazioni: si registra come, a fronte di una sentita e condivisa partecipazione da parte del Ministro della Salute ai disagi della famiglia Molonia, lo stesso abbia esorbitato nell’affermazione dell’esistenza di un “humus” favorevole alla crescita dei più deprecabili comportamenti umani e professionali. Tali affermazioni risultano offensive per la parte sana del popolo meridionale, laboriosa, rispettosa delle istituzioni e ingiustamente criminalizzata. Il suddetto riferimento appare ancora più grave se rivolto indiscriminatamente a tutte le figure prof