Metti una sera a Jesi, due giovani attori strappano la mordacchia a Giordano Bruno

Successo di pubblico e critica per l’evento organizzato dai Fratelli marchigiani del Grande Oriente d’Italia.
Trecento persone, tra cui tantissimi studenti, al Teatro Valeria Moriconi per la rappresentazione de ‘La Pietra della Bellezza’. Sul palco Maurizio Pulina, e Francesco Calmieri hanno interpretato l’impossibile dialogo tra il Nolano e Clemente VIII. La regia di Chiara Murru porta in scena la forza del pensiero contro l’inferno del dogma “Usate ragione e mani, non abbiate paura. Costruite su ogni rovina. È questa la lezione che vi lascio. Iate, iate, nun ve fermate!”. E’ una delle suggestioni che ha regalato l’atto unico teatrale ‘La pietra della bellezza’, tratto dal libro di Gerardo Picardo (Ed. Stamperia del Valentino) che racconta la vita e il pensiero di Giordano Bruno e portato in scena – grazie alla splendida organizzazione dei Fratelli di Jesi (An) – il 16 marzo scorso presso il Teatro Valeria Morioni della città marchigiana. Sotto l’attenta regia di Chiara Murru, due giovani e promettenti artisti hanno fatto rivivere sul palco, attualizzandola, la lotta del filosofo per la libertà di ricerca. A interpretare il Nolano è stato Maurizio Pulina, mentre nelle vesti di Clemente VIII, il Papa che lo ha portato al rogo, si è calato Francesco Calmieri (video di Giulio Fanelli, costumi di Manuel Delogu, produzione Spazio-T).
v Gli sguardi del Nolano e di Clemente VIII forse si sfiorarono nell’ultima parte del processo condotto dall’Inquisizione, ma non si incontrarono mai. Nei Dialoghi italiani campeggia la figura di Teofilo, al quale è affidato il compito di riferire le opinioni del Nolano. Nel momento della morte, tra attore e regista di questa filosofia divenuta carne, i ruoli si invertono: è Bruno che brucia sul rogo, Teofilo lo guarda. E mentre le fiamme dall’odore acre, di carne umana, salgono nell’aria, l’altro morde le labbra, ed elabora quel mito che sarebbe arrivato fino ai nostri giorni. Lo spettacolo messo in scena a Jesi ha tenuto con il fiato sospeso più di 300 persone, accorse per l’evento organizzato dal Grande Oriente d’Italia in quello storico palazzo che fu anche sede dell’Inquisizione e che ancora oggi ricorda il martirio di Bruno con una lapide che campeggia sulla piazza federiciana. Un’emozione forte si percepiva soprattutto nei volti dei tanti giovani presenti, molti dei quali studenti di liceo, accompagnati dai loro docenti, per una sera di pensiero che ha unito storie diverse, accomunate dalla volontà di cercare e di andare sempre oltre ciò che è dato vedere. Mentre sullo schermo scorrevano le immagini di una donna dagli occhi grandi e intensi, che conosce il vento, il Nolano – mai piegato dai giri di corda della Chiesa -diceva al pubblico di ieri e di oggi: “Vedi, Morgana? Se altri uomini vivranno liberi di pensare, io non sarò morto per nulla. Il mio inchiostro è più forte delle fiamme che avvolgono la carne. Non ho lasciato in pace nessuno, da alcuno sono stato lasciato in pace. Ho scritto con il mio sangue che mai bisogna rinunciare alla ragione. Non perdono e non abbraccio i carnefici”. Parole che sono entrate nel cuore dei presenti, mentre il fumo della scena avvolgeva il corpo del filosofo legato al rogo e la sua voce si levava più forte delle fiamme, come a coprire la legna di coloro che – prigionieri di un’unica verità – vorrebbero fare del mondo una prigione. Oltre le fiamme del rogo ci sono gli occhi di Morgana, l’amore. E la febbre di una ricerca senza fine.

L’evento bruniano, coordinato dal Grande Ufficiale del Grande Oriente e Gran Consigliere all’Organizzazione, Tiziano Busca, e dal Maestro Venerabile della Loggia Giordano Bruno n. 1164 di Jesi, Alessandro Marini, è stato preceduto da un convegno pubblico che si è tenuto nello stesso teatro. L’appuntamento, dal titolo ‘La Ruota di Mercurio. Mente e mano, Giordano Bruno e la costruzione dei mondi infiniti’, ha visto relatori Francesco Sberlati, docente di letteratura italiana all’Università di Bologna, Antonio Panaino, docente Università di Bologna e direttore responsabile della rivista ‘Hiram’, e il giornalista Gerardo Picardo. A tracciare le conclusioni, è stato il Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, Gustavo Raffi. Quello del Nolano – è stato il filo rosso che ha cucito gli interventi – è un pensiero scomodo ma necessario. E se Smerlati nel suo contributo ai lavori ha fatto riflettere sul rapporto tra Bruno e la scienza, sottolineando come ci sia ancora da lavorare per strappare la mordacchia dalla bocca del filosofo e di tanti uomini liberi, Panaino ha invece sottolineato come il Nolano, contro le morali del precetto insegni una laicità positiva che sa costruire ponti alla ricerca, infinita come le vie della vita. Lo studioso ha quindi fatto riflettere l’uditorio sul ruolo di agenzia etica svolto dalla Libera Muratoria, rimarcando che – sull’esempio del filosofo arso vivo per aver difeso la ragione contro l’inferno del dogma – gli uomini del dubbio sostengono il dialogo a oltranza nella società di cui sono parte viva. Contro ignoranza e superstizione, Bruno sostenne che l’uomo è padrone del proprio destino. E’ toccato quindi a Picardo sottolineare come la vera dignitas si fondi sul sapere, sulla conoscenza che l’uomo è capace di conquistarsi. Siamo noi che scegliamo quello che vogliamo essere: l’uomo può guardare in alto o in basso, attratto solo dagli interessi personali oppure sentirsi parte del tutto, e costruire. Cercando il vincolo. Un itinerario che si racchiude in una espressione: Dignitas hominis. Per Bruno – ha ricordato – fatica e lavoro sono gli unici strumenti per costruire, con mente e mani. La dignità dell’uomo si fonda sulla fatica e sul lavoro. Con i soldi si può compare tutto, una sola cosa non si può comprare: la conoscenza. Un’altra lezione per i giovani che hanno trattenuto anche un’altra lezione del filosofo nato sul Monte Cicala: “Finiamo il tetto, prima che arrivi la pioggia…”. L’unica paura di Bruno, narrata nello Spaccio della Bestia Trionfante, è non poter pensare o non pensare più. Nel De Minimo il Nolano scriveva: “Noi cerchiamo un pane diverso…”. Non bastano i giri di corda a fermare un uomo così. Alla fine della serata, dopo quattro ore di confronto e spettacolo, un lungo applauso ha premiato i giovani attori venuti da Alghero per la rappresentazione.

Nel suo appassionato intervento rivolto ai giovani, il Gran Maestro Raffi ha sottolineato il valore del dialogo e l’importanza di dedicare tempo ed energie alla costruzione di una storia che vogliamo contribuire a rendere migliore. Chiamato sul palco per testimoniare la bellezza di un percorso di ricerca, il Gran Maestro ha invitato “una generazione di ribelli” a “essere costruttori di futuro, credendo – con Bruno – che pensiero e opere concrete possono rimettere l’uomo al centro dei mondi infiniti. La più bella eresia – ha concluso – è essere veri e guardarsi negli occhi, non accontentarsi e lottare per cambiare le cose. Su questa strada di umanità, non siamo mai soli”. E mentre le luci del teatro marchigiano si spegnevano, un giovane studente, avvicinandosi a uno dei relatori ha spiegato che per seguire fino alla fine la rappresentazione, aveva perso l’autobus che lo avrebbe riportato a casa nel vicino paese alle porte di Jesi. “Ma ne valeva la pena – ha detto il ragazzo – ora chiamerò mio padre e mi farò venire a prendere. Con lui non parlo molto, per strada gli racconterò quello che ho imparato stasera”. Il più bel ringraziamento per tanti sforzi profusi dalla comunione massonica di Jesi. E’ proprio vero, come scriveva l’inquieto Bruno, che “niente rimane uguale dopo le maree”.



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