Ven. ssimo Gran Maestro Gustavo Raffi
Carissimo Gustavo,
Mi duole. Non sarò oggi al tuo fianco per celebrare il Ricordo della Risiera di San Sabba. Ti esprimo quindi la mia piena vicinanza e sostegno all’iniziativa, insieme alla gratitudine per la testimonianza di verità che il Grande Oriente d’Italia rende alla memoria delle vittime dell’Olocausto. Ricordare la tragedia della Shoah vuol dire allontanare l’Inferno. I sopravvissuti come me hanno mantenuto viva la memoria di quell’immane tragedia che ha negato l’Uomo. Ma il futuro dipende dall’uso che si farà della nostra esperienza di dolore, della mole di documenti sottratti alla follia delle croci uncinate. Storie di cui si è persa la memoria, con l’infame numero di matricola che marcava la carne. Un tempo ormai lontano, le potenti armate naziste invasero il nostro continente e seminarono ovunque il silenzio della morte.
Voglio continuare a credere che il dialogo e la conoscenza possano vincere la battaglia contro l’odio e l’intolleranza. Bisogna scrivere un nuovo Patto della memoria tra le generazioni, educando i giovani perché diventino i testimoni dei Testimoni. Nessuna tragedia è uguale all’Olocausto. Le nostre intelligenze si misurano su questo evento epocale, senza distogliere lo sguardo dalla sua notte oscura. Per fronteggiare sempre più seriamente le tendenze a negare la terribile verità dei lager, la storia di quell’orrore non deve cadere nel dimenticatoio ma deve parlare all’oggi, contribuendo a formare coscienze informate sulla immane strage degli ebrei. Perché tutto ciò non si ripeta, mai.
“Radici nella storia, sguardo al domani” : è il cammino che hai tracciato per il Grande Oriente. Ho iniziato a raccontare la mia esperienza nel 1992, in una scuola di Seveso, dove fui invitato in occasione dell’intitolazione dell’edificio a Primo Levi. Da allora non ho più smesso. Raccontare del viaggio compiuto in fondo alla vita e alla morte. Trovare parole per dire la tragedia che mi ha cambiato la vita, sogno ancora mia madre, gasata a soli 54 anni. Era il 23 maggio 1944 quando la uccisero. Penso ancora al nostro ultimo abbraccio, sulla banchina di Auschwitz-Birkenau. ‘Ricciolino mio’, mi diceva… Fu il momento più drammatico della mia esperienza di deportato. Il cuore va anche a mio padre e a mio fratello Enzo, mai più tornati a casa. Non voglio pensarli persi nel vento. Sono uomini che ci raggiungono con i loro occhi increduli e una domanda terribile: Lammah? Perché?
Il fiume che scorre arrotonda i sassi, leviga le asperità. La Shoah non è, né può restare, un fatto numerico. Oggi, più di ieri, abbiamo bisogno di ricordare e riflettere in profondità su quell’orrenda pagina di storia. Intolleranza e demonizzazione del diverso sono il nuovo filo spinato che recinta divisioni e alimenta l’odio. La conoscenza del passato ci aiuta a vivere le sfide del presente, perché ci spiega ciò che è accaduto e perché. E dimostra che la libertà, unita alla democrazia e all’amore per l’altro, è l’unico antidoto per opporsi alle persecuzioni di ogni tipo. Serve responsabilità e coraggio per vivere dopo Auschwitz. Ma i semi della memoria sono già nel vento.
Milano, 25 gennaio 2012
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