Si sta trasformando in uno scontro interno alla massoneria italiana il processo milanese al gruppo di faccendieri accusati di avere arruolato mercenari per andare a combattere per la «liberazione» della Cabinda, la provincia più ricca dell’Angola. Il progetto – inquietante ma con venature fantozziane – era emerso durante una inchiesta per una storia di tangenti a Benevento, poi indagine e processo sono stati trasferiti a Milano: e qui il sostituto procuratore Armando Spataro ha portato a giudizio un gruppo di dodici trafficanti e imbroglioni, accusati di avere reclutato soldati di ventura per la spedizione in Africa ma anche, e ben più concretamente, di avere scroccato fondi pubblici per un paio di fantomatiche onlus che proponevano aiuti al popolo di Cabinda.
Il problema è che sull’intera vicenda si intuiscono ombre di «grembiulini», ovvero di massoneria deviata, perché il gruppo dei faccendieri si riuniva intorno ad una autoproclamata «Grande Loggia indipendente d’Italia». I vertici della massoneria «ufficiale» si sono arrabbiati assai, accusando il gruppo di avere macchiato l’immagine dei liberi muratori di tutta Italia. E davanti alla quarta sezione del tribunale milanese il Grande Oriente d’Italia si è costituito parte civile, preannunciando richiesta di danni morali e di immagine.
Contro gli aspiranti liberatori della Cabinda, la Procura milanese aveva formulato inizialmente anche l’accusa di associazione segreta e di associazione a delinquere, che si sono però smontate strada facendo. Il plotone resta imputato di corruzione, truffa, tentata truffa e di arruolamento di mercenari: reato, quest’ultimo, di ben rara contestazione nel nostro paese, ma che la legge italiana ha recepito da una convenzione internazionale firmata sotto l’egida dell’Onu.
(Il Giornale) 5 FEB 2011