di Carlo Boccadoro
Secondo un’immagine convenzionale, molto romantica, è stato un genio infelice e avulso dalla società. Niente di più falso: fin dai primi Grand Tour, il giovane Amadeus ha partecipato attivamente ai fermenti della sua epoca, massoneria inclusa. 11 lath ro Nell’immaginario collettivo di troppe persone l’immagine di Wolfgang Amadeus Mozart è ancora, purtroppo, quella tracciata dal film Amadeus di Milog Forman (e dall’omonima pièce teatrale di Peter Shaffer): un ragazzotto ridanciano che quasi inconsapevolmente scrive un capolavoro dietro l’altro con incredibile facilità mentre fa il pierino in giro per le corti nobiliari della sua epoca, conducendo una vita da superficiale festaiolo e alla fine scomparendo prematuramente grazie alle mire di Antonio Salieri, che lo avvelena roso dall’invidia nei confronti di un talento superiore al suo. Peccato che nulla di questo corrisponda minimamente al vero, come è stato dimostrato da fior di libri che però hanno circolato più che altro nell’ambiente musicale specialistico senza raggiungere la vasta platea che tuttora ritiene Mozart un genio (questo è indubbio) in balia del suo istinto che lo comandava a bacchetta senza che lui ci potesse fare molto (questo è falso). Esce ora per i tipi de II Saggiatore un libro agile (neppure 200 pagine) che con una scrittura di estrema chiarezza e scorrevolezza spazza via questa ragnatela di luoghi comuni, alimentata soprattutto 92 nel periodo del romanticismo, che avvolge tuttora la figura del compositore di Salisburgo. Il musicologo canadese Cliff Eisen nel suo II vero Mozart propone una rapida biografia in tre sezioni che disegna il percorso artistico e personale del musicista partendo dagli esordi come fanciullo prodigio spronato e guidato dal padre Leopold, anch’egli vittima di attacchi postumi dovuti ai luoghi comuni di cui sopra. Impegnato fin dagli anni dell’infanzia in lunghe tournée che a volte duravano anni (come il Grand Tour che andò dal 1763 al 1766 attraversando Germania, Belgio, Francia, Olanda e Inghilterra) e che lo portarono anche per tre volte in Italia, Mozart venne esposto a ogni sorta di stimoli culturali a cui rispondeva con estrema recettività. Ovunque andassero il padre conduceva Wolfgang e la sorella Nannerl in visita a musei, palazzi antichi, siti archeologici, chiese e soprattutto concerti in cui Wolfgang poteva ascoltare tutte le novità stilistiche della sua epoca, rimanendo così estremamente aggiornato dal punto di vista musicale. Proprio dalla frequentazione assidua con le musiche di tantissimi autori nasce il suo stile inconfondibile, che riuscirà .NOTE A CASO a sintetizzare tutte queste influenze in una voce personalissima e unica. Osservando il percorso di viaggi effettuati dai Mozart durante il periodo della giovinezza si vede come Mozart abbia ascoltato una quantità notevole di compositori diversi, da nomi oggi sconosciuti come Hermann Friedrich Raupach e Leontzi Honauer a figure di maggior rilievo come Giovanni Paisiello, Carl Philipp Emanuel Bach, Johann Adolphe Hasse, Domenico Scarlatti e moltissimi altri ancora. Leopold si preoccupò fin da subito che Wolfgang avesse un’educazione il più possibile completa e ricca di stimoli. In una lettera del 1777 gli scrive che restare a Salisburgo ancora per qualche anno non sarebbe stato un problema perché «avresti la possibilità di farti un’idea su altre scienze utili, di sviluppare il tuo intelletto leggendo libri in varie lingue, e di impratichirti con le lingue straniere». Leggendo queste pagine viene quindi sfatata un’altra leggenda romantica, quella del padresfruttatore che scarrozza il bambino prodigìo in giro per l’Europa al solo scopo di ottenere prestigio personale e vantaggi economici. Da bravo illuminista, Leopold si interessava di diverse discipline, dall’ingegneria all’astrofisica, dall’architettura alla filosofia e questa estrema curiosità venne trasmessa ai figli (ci sono citazioni dal diario della sorella che elenca con entusiasmo i numerosissimi posti visitati durante il viaggio in Inghilterra). Mozart non creava quindi in una bolla di genio isolata dal resto dell’umanità e proveniente da chissà dove, come invece piace credere a molti. Era invece una persona che attraverso un rapidissimo e sorprendente periodo di maturazione arriva in pochi anni ad essere al centro della cultura contemporanea, sia nelle proprie letture (pensiamo alla velocità con cui decide di musicare Le nozze di Figaro, controversa opera teatrale di Beaumarchais che era stata messa al bando poco tempo prima dalla censura di Luigi XVI) che nelle altre frequentazioni intellettuali. Nella biblioteca di Mozart si trovavano testi di poesia, filosofia, estetica, teosofia, storia, proprio tutto quello ci aspetta da un’artista ben presente negli sviluppi del proprio tempo.
LIBERO MURATORE E INTELLETTUALE
Anche l’iscrizione alla massoneria fa parte di questo processo di continua crescita intellettuale: come ha dichiarato in un’intervista la musicologa Lidia Bramani (autrice di uno dei più importanti libri su 94 Mozart usciti negli ultimi venti anni, Mozart massone e rivoluzionario, Bruno Mondadori editore): «Mozart era partecipe degli ideali massonici, illuministi, fattivamente riformisti, rivolti al superamento delle ingiustizie sociali [.. .] Forse non si conosce cosa fosse la massoneria settecentesca, questo è il vero problema. La si scambia con il termine usato oggi per le sette deviate. E a scuola poco si studiano le conquiste sociali di quel mondo viennese aperto a Islam, buddismo, protestantesimo, anglicanesimo, ebraismo, ateismo, ma di cui la maggior parte dei membri era cattolica». Come sottolinea Eisen nel volume: «Le presunte implicazioni politiche delle attività massoniche di Mozart sono forse sopravvalutate. La loggia cui apparteneva […] era essenzialmente una società di intellettuali liberali interessati non tanto alla politica quanto alle idee illuministe fra cui la natura, la ragione e la fratellanza». Questa affìliazione mozartiana produrrà alcune pagine musicali davvero straordinarie e oggi di raro ascolto (tra cui la meravigliosa Musica funebre massonica K477) e lascerà il segno anche sullo stile dell’opera Il Flauto Magico e in diversi altri lavori del suo tardo stile. Dunque anche le leggende che vogliono Mozart iscritto alla massoneria solo per ampliare le proprie conoscenze nella società di Vienna e ottenere prestiti in denaro con cui saldare i propri debiti di gioco vengono messe in soffitta.
Cliff Eisen ci accompagna lungo tutto il percorso della biografia mozartiana con notevole chiarezza, analizzando anche lo stile musicale del compositore ma senza eccessivi tecnicismi. Si può leggere questo libro non conoscendo la musica, anche se tra le numerose illustrazioni di cui è corredato il volume non mancano gli esempi musicali scritti… Sono puntualmente riferiti i rapporti difficili di Mozart con l’arcivescovo Hieronymus Collaredo, che dal 1773 in poi avviò un periodo di vero e proprio oscurantismo imponendo restrizioni alla vita musicale e teatrale, al punto che Mozart presentò nel 1777 una lettera di dimissioni dall’incarico di Konzertmeister della Cappella musicale di Salisburgo. Collaredo si infuriò per questo e dopo un aspro incontro personale con Mozart lo licenziò in tronco. Mozart diresse allora le proprie attenzioni verso Vienna, una città che aveva una disposizione decisamente più favorevole verso la vita culturale. Qui si sposò con Costanze Weber e scrisse capolavori come il Quintetto per pianoforte e fiati K 452 e i Quartetti Prussiani K 575, K589 e K 590, iniziando anche una lucrativa attività di lezioni, concerti e vendita delle sua partiture a stampa. Successivamente vediamo come la sua produzione passi attraverso il successo di opere come Don Giovanni a Praga, Così fan tutte a Vienna e il trionfo artistico delle ultime tre grandiose Sinfonie, ma anche come Mozart fosse messo in crisi dalla morte dei genitori e come la sua emancipazione da bambino prodigio ad artista maturo e consapevole gli avesse fatto perdere progressivamente i favori di quella borghesia (assai poco illuminata) altamente umorale e prigioniera delle mode, che rimpiangeva il “fenomeno” da salotto e non capiva la produzione più matura dove il suo stile si fa progressivamente ricco e complesso, con un uso lussureggiante del contrappunto e una profondità armonica sconosciute in precedenza, pensiamo a opere come Idomeneo, Re di Creta o alle numerose Serenate strumentali di questo periodo, nonché ai numerosi Concerti per pianoforte dove viene completamente ridisegnato il rapporto tra solista e orchestra, aprendo così la strada ai successivi capolavori di Beethoven. Molto interessanti le pagine dedicate a come la struttura formale delle opere di Mozart in questo periodo fosse altamente influenzata dalle scelte timbriche e degli organici strumentali, portando così una nuova consapevolezza del ruolo orchestrale e delle sue possibilità, pensiamo solo all’originalissima composizione orchestrale del Requiem, dove l’assenza di flauti, oboi e corni e l’aggiunta dei corni di bassetto (strumento appartenente alla famiglia dei clarinetti ma con una voce vellutata unica e inconfondibile) assicura un colore strumentale scuro davvero straordinario e di assoluta novità timbrica. Altrettanto importanti sono le osservazioni sul diverso utilizzo delle forme nelle opere teatrali, che si emancipano dai modelli classici degli inizi per dedicarsi a complessi incastri che mescolano forme binarie, ternarie e arie solistiche nel desiderio di essere sempre più aderenti al testo e alla drammaturgia, con una particolare attenzione ai grandi concertati dei finali che, come scrive l’autore, «portano avanti l’azione: i cambiamenti di tempo, ritmo, tonalità e orchestrazione risolvono le tensioni esistenti e ne creano di nuove, sempre in stretta relazione con l’azione», e questo vale sia per opere brillanti e ironiche come il Così fan tutte che per pagine più austere come La Clemenza di Tito. Infine il volume cancella anche molte delle panzane sugli ultimi anni della vita di Mozart che ancora oggi sopravvivono, tra cui il misterioso messaggero anonimo che gli avrebbe commissionato il Requiem e la catastrofica povertà in cui avrebbe vissuto in questo periodo. Secondo lettere e testimonianze dell’epoca riportate da Eisen si può dire che Mozart, pur vivendo in una situazione finanziariamente ben diversa dal passato, abbia condotto una vita relativamente tranquilla e felice che gli permetteva di non dover rinunciare al privilegio di una domestica e di comodità come una carrozza e dei cavalli. Inoltre il suo spirito non era affatto perennemente avvolto da una nebbia di tristezza come vuole la solita vulgata romantica: in una lettera racconta divertito alla moglie: «Ho appena mangiato un delizioso pezzo di storione portato dal mio fedele valletto Don Primus». Senza voler esagerare in senso opposto, dipingendo una vita tutta rose e fiori, si può però affermare che la lettura di questo libro, davvero piacevole e utile, contribuisca a riequilibrare la figura di Mozart scrostando via molti stereotipi che lo vedevano sempre pallido, denutrito, depresso e privo di lavoro negli anni prima della morte, avvenuta nel 1791 probabilmente a causa di insufficienza renale o di un edema da streptococco (viene così scagionato anche il povero Salieri, del tutto innocente).
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CARLO BOCCADORO Compositore e direttore d’orchestra, è nato nel 1963. Collabora con orchestre e gruppi da camera in diverse parti del mondo. È autore di dieci libri pubblicati da vari editori, tra i suoi ultimi, Bach-Prince, vite parallele, uscito per Einaudi nel 2021, mentre è in libreria da pochi mesi Battiato, Cafè Table Musik (La Nave di Teseo), una biografia musicale di Franco Battiato. Dal 2017 è Direttore artistico dei Concerti della Scuola Normale di Pisa, dal maggio 2023 è consulente musicale del Teatro Bonci di Cesena. Dal 2021 è Direttore editoriale della collana di saggistica musicale “Correnti”, pubblicata da Edizioni Curci. Dal 2023 è Accademico di Santa Cecilia.