Un abbraccio grato e fraterno a tutte le persone che condividono il mio dolore
Ho conosciuto il volto peggiore della morte: quella assurda e
innaturale che strappa un figlio al padre. Il mio Michele, giovane
appassionato di ricerche, sempre curioso della vita e studioso dei
Templari, mi ha lasciato prima del tempo. Un dolore immenso mi
cammina nell’anima. Misura una separatezza che taglia la carne e
nutre nostalgia per il sorriso di un giovane molto amato. La sua
febbrile ricerca di verità si confonde con i ricordi di quando era
bambino e chiedeva il perché delle cose, prima di tornare a correre
e abbandonarsi con fiducia tra le mia braccia. Lo piango e ritorno
ai suoi scritti, che hanno fatto strada. Pensarlo al freddo della
terra mi spezza l’anima e la parola.
Ho riletto ‘L’ultima tunica’, il libretto che il grecista Marcello
Gigante – il più grande esperto dei papiri ercolanesi – scrisse
dopo la morte del figlioletto. Al centro vi è un epigramma
terribile di Leonida di Taranto: si racconta di una tarma che siede
su un filo estremo di mantello e, invisibile e instancabile, rode
le ossa pur armonicamente disposte. La vita – era la lezione di
Leonida affidato al personaggio del vecchio Gorgo – già prima che
se ne realizzi il tessuto, è nata per corrompersi e svanire…
(Leggi a seguire il messaggio in inglese e in
spagnolo)