Roma 18 aprile 2012 – Questa sera, alle 22:50, su “La Storia siamo noi” di Rai Educational sarà trasmesso un dossier su Ernesto Nathan
Su Ernesto Nathan, Gran Maestro del GOI e Sindaco di Roma, vedi:
150° Unità d’Italia – Roma 17 settembre 2011 Talk show: Ernesto Nathan e l’Unità d’Italia
“Patriottismo, laicismo e buongoverno”
Ernesto Nathan, Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia
Nel 1896 l’assemblea del GOI individuò in Ernesto Nathan – figlio di Sarina, la fedele amica di Giuseppe Mazzini – il Gran Maestro cui sarebbe spettato il difficile compito di traghettare la massoneria nel nuovo secolo, separandola definitivamente da quella pesante e imbarazzante eredità che si era rivelata essere il connubio con Francesco Crispi.
L’obiettivo primario era quello di ricomporre le tensioni interne in un quadro unitario. Oltre agli elementi aggreganti, come la lotta al clericalismo e le iniziative in ricordo dell’epopea risorgimentale, Nathan indicò ai fratelli la battaglia per la moralizzazione della vita e la trasparenza dell’Istituzione. Lo scandalo della Banca Romana aveva avuto alcune ricadute anche tra le file liberomuratorie e per questa ragione la massoneria, che radunava uomini di differente fede religiosa e politica, si sentiva in pieno diritto di chiedere «a ogni fede, a ogni scuola, a ogni partito, una qualifica fondamentale per l’esercizio di qualunque diritto o ufficio pubblico: specchiata integrità e disinteresse». L’atteggiamento tenuto dal Gran Maestro nei confronti del potere, assai diverso e più duttile rispetto a quello del suo predecessore ma non meno attivo, sul piano politico, nella difesa delle istituzioni statali, non impedì al GOI di promuovere in modo più o meno indiretto iniziative tendenti a ricomporre le contraddizioni esplose a fine secolo nella società e nella politica italiane. Nell’imminenza della crisi di fine secolo, e nel corso di essa, numerosi interventi mediatori da parte di parlamentari e di politici massoni favoriranno la ricerca di nuove prospettive. Non a caso fu proprio il mazziniano Nathan a criticare i liberimuratori – politicamente repubblicani intransigenti – che continuavano a non partecipare alle elezioni per la ben nota pregiudiziale istituzionale: pur nella diversità di credo politico e di fede religiosa, il GOI chiedeva ai propri membri patriottismo e fedeltà alle istituzioni, auspicando che le officine potessero svolgere la funzione di camere di compensazione delle diverse posizioni politiche all’interno delle quali potessero attuarsi mediazioni e compromessi in nome del sentimento patriottico.
I vertici del Grande Oriente non misero mai in seria discussione l’assetto istituzionale del paese, neppure nelle fasi più tragiche della crisi che scosse l’Italia a fine secolo, proprio perché l’Istituzione si era sempre identificato e continuava a identificarsi con lo Stato unitario nato dalle lotte del Risorgimento. Per esempio, l’enfasi con la quale veniva celebrata la ricorrenza del 20 settembre andava ben oltre l’opera pedagogica di educazione del popolo al culto della patria, proprio perché quella data era considerata una vera festa massonica da aggiungere alle tradizionali ricorrenze dei solstizi.
La politica governativa, viceversa, non ottenne sempre il pieno consenso da parte dell’Istituzione, il cui stesso vertice era diviso tra una minoranza radical-repubblicana, critica nei confronti dell’esecutivo, e una maggioranza moderata, timorosa che una presa di distanza dal governo potesse minare l’unità dell’Obbedienza. Entrambi gli schieramenti erano d’accordo nel ritenere che occorresse, all’interno dell’istituzione massonica, aumentare la presenza della burocrazia statale, così da potere interagire con i gangli vitali dello Stato e della pubblica amministrazione indipendentemente dalle forze politiche che