di Riccardo Mazzoni
“Per Palazzo Giustiniani vorremmo che oltre all’iter giudiziario ci fosse una soluzione onorevole»: il Gran Maestro Stefano Bisi, nell’allocuzione alla Gran Loggia 2023 del Grande Oriente d’Italia, è tornato sulla controversia che ha per oggetto la storica sede del Goi confiscata dal regime fascista e mai restituita alla Comunione dallo Stato italiano. La «soluzione onorevole» ci sarebbe già: basterebbe infatti rendere effettiva la transazione firmata nel 1991 che assicurava al Grande Oriente d’Italia 140 metri quadri di Palazzo Giustiniani da destinare a Museo della Massoneria.
«Quale occasione migliore – ha detto Bisi – se non dare attuazione a questo progetto in coincidenza con i 75 anni della Costituzione intitolando il Museo a un personaggio importante per l’Italia, Meuccio Ruini, un grande giurista, un grande massone, ingiustamente dimenticato, il cui nome è indissolubilmente legato alla nascita della Repubblica italiana per essere stato eletto nell’Assemblea Costituente e aver presieduto la Commissione dei 75 cui toccò il compito di redigere la Costituzione. «Sarebbe un bel successo per tutti gli italiani, massoni e non». C’è in effetti un vulnus storico da sanare, che è anche un paradosso politico: la Repubblica che ha come valore fondante l’antifascismo ha dato di fatto continuità e sta ancora avallando un atto violento e simbolicamente tragico del regime, culminato nella notte di San Bartolomeo, che segnò – con la persecuzione dei massoni – la fine effettiva della libertà di associazione. L’appello del Gran Maestro al presidente del Senato La Russa aggiunge un elemento importante alle rivendicazioni finora rimaste inascoltate: il nome di Meuccio Ruini. Se la Costituzione italiana è considerata ancora un modello, fu grazie al lavoro preparatorio svolto dall’Assemblea dei 75 che fu guidata proprio da Ruini, insigne giurista orgogliosamente massone. Un padre nobile della Repubblica che disse di voler affrontare la missione costituente «con la stessa fermezza con la quale, con i capelli grigi, andai sul Carso». La relazione di Ruini resta una lezione esemplare di civiltà politica: «La Costituzione – scrisse – deve essere il più possibile breve, semplice e chiara; tale che tutto il popolo la possa comprendere. Nello sforzo di conquistare stabilmente la libertà e di ancorarla ad una sfera di valori più alti, convergono correnti profonde: dalle democratiche fedeli agli immortali principi e dalle liberali che invocano la religione della libertà, alla grande ispirazione cristiana che rivendica a sé la fonte eterna di quei principi ed all’impulso di rinnovamento che muove dal Manifesto dei comunisti e che, per combattere lo sfruttamento di una classe da parte di un’altra, risale alla liberazione dell’uomo dal giogo dell’uomo; e cioè ai suoi inalienabili diritti». In queste parole si trovano le basi stesse del difficile compromesso per ricomporre istanze ideologiche molto distanti. Secondo Bisi, «rileggere a tanti anni di distanza questo suo pensiero suscita profonde riflessioni in un momento di aspre divisioni politiche. Il massone Meucci riuscì a fare quella Costituzione che ci fa sentire oggi cittadini liberi ma ci ricorda che per essere liberi occorre poter esercitare i diritti che derivano dall’osservanza dei nostri doveri. E tra i nostri diritti c’è quello di riavere quel Palazzo che porta il nome di Giustiniani che ci è stato tolto a forza di botte e arresti da regime fascista e che non ci è stato riconsegnato dalla Repubblica democratica e antifascista per pretestuosi cavilli». Ed ecco la proposta al presidente La Russa: «Dia seguito alla transazione firmata da Spadolini, che intendeva rendere merito alla Massoneria per quanto fatto nel Risorgimento». E il museo che secondo l’accordo dovrebbe nascere a Palazzo Giustiniani, dove nel ’47 fu firmata la Costituzione, venga intitolato a Meuccio Ruini, «un grande statista e un grande massone».