Il 26 novembre 1925 é la data ufficiale della messa al bando della Massoneria da parte del regime fascista. Quel giorno venne emanata la la legge, la n. 2029, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n. 277 del 28 novembre. Promulgata da re Vittorio Emanuele III, firmata dal capo del governo Benito Mussolini, visto il Guardasigilli Alfredo Rocco, la normativa dal titolo “Regolarizzazione delle attività delle associazioni, enti e istituti e dell’appartenenza ai medesimi del personale dipendente dallo Stato, dalle provincie, dai comuni e da istituti sottoposti per legge alla tutela dello Stato, delle provincie e dei comuni” restringeva il diritto di associazione, sottoponeva le associazioni al controllo della polizia e adottava misure repressive più severe. Approvata ad ampia maggioranza dai due rami del Parlamento, mise definitivamente al bando la Libera Muratoria, segnando l’inizio della fine di tutte le libertà civili.
A precederla, più di due anni di saccheggi e di assalti alle logge perpetrati dalle camicie nere sull’onda dell’odio nei confronti dei massoni seminato dal Partito Nazionale Fascista, che, prima che il disegno di legge approdasse alla Camera, il 14 aprile 1925, emise una circolare, la numero 4, diramata a tutte le sue Federazioni, in cui si diceva : “la Massoneria costituisce in Italia l’unica organizzazione concreta di quella mentalità democratica che è al nostro partito e alla nostra idea della Nazione nefasta ed irriducibilmente ostile, che essa, ed essa soltanto, permette ai vari partiti, borghesi e socialisti, dell’opposizione parlamentare ed aventiniana, la resistenza, la consistenza e l’unità di azione”. L’8 agosto dell’anno precedente il Consiglio Nazionale fascista aveva anche approvato un ordine del giorno che ratificava la rottura definitiva con la Massoneria
Il testo della normativa, elaborato già a partire da gennaio, era tra le priorità assolute del governo e del partito fascista. La discussione in aula venne fissata per il 16 maggio. Relatore della proposta era Emilio Bodrero, tra i più virulenti avversari della Libera Muratoria all’interno del Pnf, sostenitore di feroci campagne anti-massoniche.
Tra i pochissimi deputati presenti in aula nel giorno della discussione, Antonio Gramsci che prese la parola per scagliarsi contro la legge. Fu anche il suo primo e unico intervento in un parlamento ormai completamente fascistizzato. Ma la sua non fu un’arringa in difesa dei massoni ma una lucida denuncia contro la deriva liberticida in atto.
Si riporta di seguito l’art. 2 della legge 2che venne immediatamente definita dagli stessi giornali fascisti, e così passata alla storia, come la “legge contro la massoneria”; chiaramente finalizzata a infliggere, al culmine di due anni di ininterrotte violenze a uomini e sedi perpetrate dagli squadristi, un colpo mortale e definitivo al Grande Oriente d’Italia di Palazzo Giustiniani.
“… I funzionari, impiegati ed agenti civili e militari di ogni ordine e grado dello Stato, ed i funzionari, impiegati ed agenti delle Province e dei Comuni, o di istituti sottoposti per legge alla tutela dello Stato, delle Provincie e dei Comuni, che appartengano, anche in qualità di semplice socio, ad Associazioni, Enti od Istituti costituiti nel Regno, o fuori, od operanti, anche solo in parte, in modo clandestino od occulto o i cui soci sono comunque vincolati dal segreto, sono destituiti o rimossi dal grado o dall’impiego o comunque licenziati.
I funzionari, impiegati, agenti civili e militari suddetti, sono tenuti a dichiarare se appartennero o appartengono, anche in qualità di semplici soci ad Associazioni, Enti ed Istituti di qualunque specie costituiti od operanti nel Regno o fuori, al Ministro nel caso di dipendenti dello Stato ed al Prefetto della Provincia in tutti gli altri casi; qualora ne siano specificamente richiesti”.