“Quell’osso di babbuino lanciato nell’Universo” (Mimesis), é un saggio intenso e interessante, ma anche divertente, in cui l’autore, il giornalista e scrittore Luigi Grassia, ci confuce attraverso il tempo, spiegando che la scoperta del Cosmo è stata più complicata di come ci viene solitamente raccontato. Non si è trattato infatti solo di una progressione di teorie, esperimenti e dibattiti asettici fra scienziati, ma anche di una lotta tormentosa tra filosofie, religioni ed esoterismo, che ha coinvolto anche la natura del corpo e del cervello umani. Perché, ad esempio, ci si chiede nel libro il Medioevo dominato dal pensiero aristotelico non ha prodotto la rivoluzione astronomica di Copernico e Galileo, mentre il salto di qualità è avvenuto nell’Europa del Rinascimento, ispirata da Platone?
E ancora quanti conoscono l’astronomo e filosofo neoplatonico italiano che spiegò a Copernico la teoria eliocentrica di Aristarco da Samo? Goethe era fuori strada quando vide il presupposto della rivoluzione scientifica nell’invenzione della partita doppia del Quattrocento italiano?
E Einstein che sente parlare di un’ipotesi inventata per gioco da un italiano e ne fa la base per la teoria della relatività generale, che cosa ci dice del rapporto fra matematica e fisica? Non sarà, come sospettano alcuni scienziati (John A. Wheeler, Tullio Regge), che il Cosmo è in realtà un Caos senza regole, sul quale proiettiamo le leggi matematiche che ci aggradano? E le attuali teorie degli “universi multipli” sono soltanto un altro gioco, come ci insegna Borges, o ci spalancano davvero le porte dell’infinito?