Tra i grandi potagonosti della piu’ difficile e dolorosa stagione massonica quella che coincise con l’ascesa del regime fascista spicca la figura di Giuseppe Meoni, giornalista e Gran Maestro Aggiunto dal 1919 al 1925 con il Gran Maestro Domizio Torrigiani, nonchè Presidente del Rito Simbolico Italiano. Meoni fu alla guida del Comitato coordinatore per la gestione dei beni del Grande Oriente d’Italia dopo la sospensione delle attività massoniche decretata da Torrigiani nel novembre del 1925.
Nato a Prato l’8 novembre 1879, repubblicano, Giuseppe Meoni si laureò in lettere e filosofia a Firenze dopo aver studiato al Collegio Cicognini della sua città. Trasferitosi a Roma nel 1909, si dedicò alla carriera giornalistica e fu redattore di “L’Italia del Popolo”, redattore capo di “La Ragione” e poi, negli anni della prima guerra mondiale, direttore di “Il Messaggero” di cui, in seguito, fu critico drammatico.. Meoni è ricordato anche come estensore del primo contratto collettivo di lavoro dei giornalisti. Fu consigliere delegato della Federazione Nazionale della stampa italiana e presidente del Collegio Nazionale Probiviri della stampa periodica. Repubblicano mazziniano, interventista democratico, oratore e polemista potente in costante contrasto con le derive nazionaliste, si trovò nel primo dopoguerra vicino alle posizioni di Giovanni Amendola.
Non si sa dove e quando Giuseppe Meoni entrò in Massoneria ma è certo che fece parte della Loggia Giuseppe Mazzoni di Prato. La pubblicistica massonica documenta la sua partecipazione ai lavori della Loggia “Il Dovere” di Lugano l’8 luglio 1922, quando era già Gran Maestro Aggiunto del Grande Oriente d’Italia. In quell’occasione tenne una tavola commemorativa di Giuseppe Mazzini alla presenza dei vertici della Gran Loggia Svizzera Alpina. Dopo le dimissioni del Gran Maestro Domizio Torrigiani – a seguito dell’entrata in vigore, nel novembre del 1925, della legge fascista contro la Massoneria – Meoni, all’epoca sempre Gran Maestro Aggiunto e diventato presidente del Rito Simbolico Italiano – fu alla guida del Comitato coordinatore per la gestione dei beni del Grande Oriente d’Italia, ormai oggetto quotidiano di assalti nelle sedi delle logge, di sequestri e condanne in tutta Italia. La sua appartenenza alla Massoneria e l’orientamento repubblicano gli causarono persecuzioni e l’estromissione dal lavoro e da ogni carica. Nel 1929, fu condannato al confino nell’isola di Ponza. Morì a Roma il 28 giugno 1934 e le sue ceneri furono tumulate al Verano il 24 dicembre del 1948 nel Pantheon del Grande Oriente d’Italia dedicato ai Gran Maestri e dei Grandi Dignitari.