Sulle tracce di Abd el Kader, padre fondatore della nazione algerina e libero muratore

Il 26 maggio di 140 anni fa moriva a Damasco  Abd el-Kàder (in arabo: عبدالقادر الجزائري‎) capo e simbolo della resistenza algerina al colonialismo francese e libero muratore. Nato a Guetna nel 1807, si distinse fin da giovanissimo per coraggio e intelligenza e venne ufficialmente investito della carica di emiro da tutte le tribú della regione con il compito di trasformare quelle terre barbaresche rette da corsari in una nazione che fosse completamente indipendente dall’impero Ottomano e organizzare un esercito in grado di respingere l’occupatore straniero. El Kader diede forma di stato all’Algeria, la divise in province amministrate da califfi, creó un apparato giudiziario e fiscale. Il 20 maggio 1837 firmò con il generale Bugeaud, comandante del corpo di spedizione francese (e poi governatore generale dell’Algeria dal dicembre 1840 al luglio 1847), il trattato di Tafna, con il quale la Francia riconosceva l’indipendenza di Orano, Arzew, Mostaganem e Mazagran, delle città di Algeri e di Blida, della pianura di Mitidja e del Sahel, territori, che costituivano i due terzi dell’Algeria. Ma che Parigi disattese organizzando una spedizione in violazione dell’accordo. Da quel momento, la guerra riprese con violenza. L’emiro fu respinto verso gli altopiani aridi con la sua capitale nomade di circa 30 000 persone (la smala) e subì un grave rovescio il 16 maggio 1843, nella regione di Boghar. Riunito ciò che restava dei suoi combattenti, cercò di mettersi sotto la protezione del sultano del Marocco, che  intervenne, ma fu anch’egli sconfitto presso Oujda il 14 agosto 1844. ʿAbd al-Kāder tentò di rilanciare la rivolta nel 1847, ma non riuscí a radunare le tribù berbere della Cabilia e dovette arrendersi il 21 dicembre 1847.  Al-Kāder fu esiliato in Francia, prima a Tolone, poi a Pau e infine nel castello di Amboise. Napoleone III andò a trovarlo e i due si trovarono in sintonia. Le visite quindi si ripetettero e alla fine  nel novembre 1852, al-Kāder fu rilasciato, diretto a Damasco, dove insegnò teologia nella moschea degli Omayyadi. Nel luglio 1860 una fiammata di scontri settari si propagò dal Libano a Damasco. I Drusi attaccarono i quartieri cristiani facendo più di 3 000 morti. L’emiro intervenne per fermare il massacro e protesse la comunità di 15 000 cristiani damasceni e gli europei che vivevano in città, grazie alla propria influenza sui dignitari.  Aveva ormai più di cinquant’anni. Passò il resto della sua vita a scrivere, soprattutto di filosofia. Il 18 giugno 1864 fu iniziato in Massoneria nella loggia Le Piramidi, all’Oriente del Cairo, riunita per l’occasione ad Alessandria d’Egitto.  «Il nostro Dio, quello dei cristiani, degli ebrei, dei sabei e delle sette deviate, è Uno, come Egli ci ha insegnato. Egli Si è manifestato a noi con una teofania differente da quella con cui Si è manifestato nella Sua rivelazione ai cristiani, agli ebrei ed alle altre confessioni. Di più: Egli Si è manifestato alla stessa comunità di Maometto con teofanie molteplici e differenti, il che spiega come questa comunità, a sua volta, comprenda fino a settantatré sette differenti, entro ciascuna delle quali bisognerebbe ancora distinguere altre sette, pur esse varie e divergenti, come constata chiunque ha familiarità con la teologia. Ora, tutto ciò nasce soltanto dalla diversità delle teofanie, che è funzione della molteplicità di coloro cui esse sono destinate e della diversità delle loro predisposizioni essenziali. Nonostante questa diversità, Colui che si epifanizza è Uno, senza mutamento dall’eternità senza inizio all’eternità senza fine.»

Per gli Algerini, ʿAbd al-Kāder è il padre della nazione.



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