Presentato a casa Nathan lo scorso 17 dicembre, dinnanzi ad un folto pubblico, l’ultimo libro di Claudio Bonvecchio Filosofia del Natale. L’itinerario di un simbolo (Alboversorio, 2014). Con la formula Incontro con l’autore, il bibliotecario Bernardino Fioravanti ha rivolto al Grande Oratore una serie di domande volte a far emergere alcuni spunti interessanti presenti nel libro. Fioravanti ha sottolineato come l’impressione avuta nel leggere il lavoro sia stata quella di trovarsi di fronte ad una tavola massonica dove la filosofia si debba intendere come amore della sapienza. Tale impressione viene confermata anche da Bonvecchio che ha aggiunto come la filosofia intesa come amore del sapere sia in grado di trasformare la vita di un individuo.
Molti nel testo sono i riferimenti a Platone e all’uomo che non deve vivere nelle ombre ma uscire dalla caverna e immergersi nella realtà. Riferendosi al Natale, oggetto di questo libro, questa metafora ci fa comprendere come il consumismo che ormai impera in questo periodo dell’anno non sia altro che l’isolamento dell’uomo nella caverna. La discussione è poi proseguita analizzando le origini del Natale, termine che significa nascita, il Dies Natalis Solis Invicti in cui si festeggiava, in concomitanza con il Solstizio d’inverno, quindi il 23 dicembre, il dio Sole e la sua rinascita. Con il Cristianesimo fu deciso di cumulare la festa del Dies Natalis Solis Invicti con quella della nascita del Cristo: considerato come la Luce del Mondo e, di conseguenza, come la cristianizzazione del Sole. La festività natalizia ha ereditato, ibridandoli con i valori religioso-cristiani, moltissimi usi e moltissime tradizioni del passato, integrandole perfettamente. E questi usi e queste tradizioni hanno creato un vero e proprio “sistema simbolico dei valori natalizi” che è, oramai, parte integrante della “filosofia del Natale”. Bonvecchio ha quindi passato in rassegna alcuni dei principali simboli del Natale.
Fioravanti ha sottolineato altresì come il fulcro di questo lavoro sia l’ultimo capitolo (Il Santo Natale), dove si accenna al dramma del mondo contemporaneo che sta scivolando sempre di più verso la secolarizzazione in cui però inevitabilmente si è perso il potere del simbolo e il contatto con la tradizione; in effetti Bonvecchio sottolinea come “spesso si faccia una arbitraria associazione tra laicità e secolarizzazione, la laicità significa il rispetto delle opinioni altrui e indica lo stabilire che esistono alcune regole che non coincidono necessariamente con le opinioni religiose; la secolarizzazione invece vuol dire banalizzare e ridurre tutto ciò che è sacro ad una quotidianità che spesso coincide con un razionalismo sciocco. Noi dovremmo seguire e perseguire con attenzione e con coraggio la laicità in tutte le sue forme ma, nel contempo, dovremmo riscoprire una dimensione del sacro, perché il sacro fa parte della nostra vita. Il sacro è la famiglia, l’amore, l’affetto, l’impegno, il coraggio nelle vicende della vita, l’iniziazione, la vita, l’uomo. La laicità si deve dunque coniugare con la sacralizzazione e con il rifiuto della secolarizzazione. Termine quest’ultimo introdotto nel 1500 in ambito giuridico, intendendo la vendita dei beni religiosi a persone che religiose non erano, poi si è esteso in generale a indicare il rifiuto di qualsiasi forma di religiosità, ma la religiosità non coincide necessariamente con la istituzione religiosa. In ogni caso la secolarizzazione rappresenta il rischio di deprivare il mondo di qualcosa di importante ovvero la sacralità dell’uomo, della vita, dell’essere”.
La vita è un continuo susseguirsi di morti simboliche e reali e di rinascite e il Natale, prosegue Bonvecchio, ci insegna a trasformarci, a rinnovarci, ad abbandonare la pesantezza dei metalli e – sia se apparteniamo al tempio pagano che alla grotta cristiana – dobbiamo cercare di essere come il bambino che nasce o come il sole che rinasce. “Vi auguro quindi un buon Natale o una felice festa del sole trionfante”.