»Stefano Bisi, Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, non ha accettato il silenzio della Commissione guidata da Rosy Bindi, alla quale aveva inoltrato un’istanza di revisione in autotutela alla revoca del provvedimento di sequestro degli elenchi degli iscritti al Grande Oriente d’Italia in Sicilia e Calabria. Un ultimatum che si è consumato in dieci giorni, durante i quali, da Palazzo San Macuto, non è arrivata alcuna risposta. Ed ecco, dunque, che Bisi, assistito da nove avvocati, ha bussato in Procura, consegnando un dossier di 60 pagine nelle quale circostanzia «gli abusi» della Commissione. Lo scopo del sequestro è quello di trovare punti di contatto tra la criminalità organizzata siciliana e calabrese e la massoneria, per comprendere come eventuali legami dei clan con professionisti abbia potuto aiutare le mafie ad ingrassare. Una richiesta che Bisi ha sempre respinto con forza, dichiarandosi però disponibile a collaborare con l’Antimafia sui singoli fratelli coinvolti nelle inchieste delle Dda calabresi e siciliane. L’Antimafia, dal canto suo, non ne ha mai voluto sapere di scendere a compromessi. Così è nata la guerra tra le due parti che, ora, potrebbe spostarsi in tribunale. Una scelta oculata, dato che proprio ieri il Riesame ha annullato il ricorso presentato dalla Gran Loggia Regolare contro il sequestro. Il motivo? Richiamando una sentenza della Cassazione del 1983, il tribunale della libertà ha evidenziato che gli atti della commissione antimafia non sono impugnabili. «Il Grande Oriente d’Italia ha ritenuto di dover rappresentare alla competente magistratura i fatti con una richiesta di verifica delle liceità dei comportamenti e degli atti adottati dalla Commissione e dai suoi componenti – spiega Bisi in una nota -. In un contesto di massima collaborazione con la magistratura, e nel quadro di una forte ispirazione ai massimi principi di legalità costituzionale, il Grande Oriente d’Italia attende fiducioso gli esiti di questa verifica». L’esposto, spiega ancora il Gran Maestro del Goi a Cronache, «fa un’analisi ampia su un abuso forte. La sentenza del 1983 alla quale si richiama il tribunale del Riesame fa riferimento ad un vecchio ricorso del Goi, in relazione al sequestro delle liste della P2. L’impossibilità di annullare un atto della Commissione antimafia significa che in Italia c’è un potere, assieme politico e giudiziario, non arginabile. E una contraddizione in termini della stessa Costituzione – ha aggiunto -. È come se avessero diritto di vita e di morte sulle persone, che di fronte a loro non hanno diritto alla difesa». Per questo, dunque, il Goi non ha presentato ricorso al Riesame: «Abbiamo preferito un gesto forte denunciando un abuso di potere». Bisi racconta così il momento dell’audizione in Commissione, quando ha risposto alle domande sui contatti tra massoneria e criminalità organizzata. «Erano in 50 contro uno. Si scambiavano sms per suggerirsi le domande. Così un testimone, quale io ero, si sente come violentato», racconta. Il prossimo step potrebbe essere un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo, che più volte ha ribadito la libertà di associazione, sanzionando, in un caso, anche il Csm, che aveva punito un magistrato dichiarando la non compatibilità tra il ruolo svolto e l`affiliazione a logge massoniche. Per la Cedu, il Csm ha violato l’articolo 11 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, ovvero la libertà di riunione e di associazione, interpretando la sanzione comminata dal Csm come un’ingerenza illegittima nelle libertà del magistrato. Un precedente forte, al quale il Goi potrebbe fare ricorso per contrare «il super potere» della Commissione antimafia. (articolo di Simona Musco)
[su_document url=”http://www.grandeoriente.it/wp-content/uploads/2017/04/Cronache-delle-Calabrie-02.04.2017.pdf”]Il Fatto Quotidiano 27.02.2017[/su_document]