Martedì 5 novembre 2013 alle ore 18, presso il Circolo dei lettori di Via Bogino 9, verrà presentato il libro “Ariodante Fabretti. Un laico tra impegno politico e sociale e ricerca scientifica” di Marco Novarino e Demetrio Xoccato, edito dalla Fondazione Fabretti e dalla Fondazione Università Popolare.
Il volume ripercorre le esperienze politiche, il contributo scientifico, l’impegno civile e filantropico di Ariodante Fabretti, figura di spicco del Risorgimento italiano, protagonista dell’associazionismo laico e della massoneria torinese e primo presidente della Società per la Cremazione.
Modererà Ana Cristina Vargas, direttore scientifico Fondazione Fabretti e interverranno Eugenio Boccardo, presidente Fondazione Università Popolare; Adriano Favole, presidente Fondazione Fabretti; Giovanni Pollini, presidente Società per la Cremazione Torino e Luciano Scagliarini, vicepresidente Union Crématiste Europèenne.
Saranno presenti gli autori.
La vicenda umana e politica di Fabretti, perugino di nascita e torinese d’adozione, è, sotto diversi aspetti, esemplare. Egli partecipò, talora anche in posizioni di primo piano, alle vicende risorgimentali e dell’Italia unita, e fu indubbiamente un uomo del suo tempo dove ragione, scienza, progresso e liberalismo furono le sue parole d’ordine.
Secondo il suo pensiero l’energia, il merito e l’intelligenza avrebbero dato vita a un mondo in cui non solo la ricchezza materiale sarebbe stata equamente ripartita, ma la ragione avrebbe dischiuso nuove possibilità e opportunità (virtualmente) infinite. Le scienze e le arti sarebbero anch’esse progredite e il mondo si sarebbe avviato sulla strada del benessere e del progresso materiale e morale.
Accanto a ciò Fabretti auspicava un modello di Stato nazionale in cui il desiderato progresso si sarebbe effettivamente concretizzato. Esso si sarebbe dotato di una Costituzione, in modo da garantire i diritti civili e la proprietà, e di un’assemblea rappresentativa eletta.
Un sostrato nel quale si sarebbero successivamente inserite le singole vicende nazionali e ancor di più individuali che contribuirono a formare lo studioso perugino.
Fabretti fu indubbiamente personaggio di spicco nella vita culturale e, di conseguenza, anche politica – i due aspetti nel XIX secolo procedono su binari paralleli- della sua amata Perugia. Negli anni della giovinezza egli s’interessò alle ricerche storiche, in specie sul mondo etrusco, entrando, nel contempo, in contatto con l’ambito mazziniano e le idee repubblicane diffuse dalla Giovine Italia. La sua stessa partecipazione alla Repubblica romana, ultimo atto della rivoluzione quarantottesca, delinea chiaramente le aspirazioni democratiche di cui era imbevuto. Eppure, la sua formazione e l’ambiente in cui era nato si era formato ne fecero non tanto un rivoluzionario – egli non combatté sulle mura e tra i vicoli per difendere quest’esperienza politica dalla reazione – quanto un uomo profondamente convinto della necessità di svecchiare lo Stato e di liberarlo dai legami con il passato.
Dopo la caduta di Roma, grazie all’intervento delle forze armate francesi, austriache, spagnole e borboniche, egli dovette, come molti altri, lasciare la sua regione e raggiungere il Piemonte e qui rimanere cercando di sopravvivere, in attesa che la situazione si evolvesse nello Stato pontificio. Nello stato sabaudo dovette soffrire l’indigenza e pertanto fu costretto a svolgere varie mansioni per arrotondare i suoi magri introiti. Contemporaneamente si prodigò per alleviare le sofferenze degli altri esuli presenti nel regno sardo entrando nella Società dell’Emigrazione Italiana.
Quando si compì l’Unità – sotto l’egida sabauda e per merito di Cavour, che egli cordialmente detestava – comprese la necessità di dare il suo contributo al neonato Regno d’Italia. Anche stavolta il suo apporto fu più intellettuale che materiale. Nonostante non avesse rinnegato le sue convinzioni, Fabretti assunse posizioni più moderate e, finalmente gli si aprirono le porte del mondo accademico torinese. La sua partecipazione alla vita culturale e politica fu rilevante per due aspetti: da una parte divenne nome di spicco nel mondo scientifico e culturale non solo italiano ma europeo tramite i propri studi di archeologia; dall’altro fu un protagonista della vita associativa laica torinese.
Relativamente al primo aspetto, occorre sottolineare come proprio il mondo antico, specialmente la linguistica – a cui egli diede il suo contributo – rappresentò un campo estremamente fertile in cui molti si cimentarono. Fabretti, grazie ai suoi meriti patriottico-scientifici, ottenne importantissimi riconoscimenti, quali, solo per citarne alcuni, la nomina a membro dell’Accademia delle Scienze e dei Lincei.
D’altronde è bene ricordare che gli antichisti dell’epoca svolsero, tra l’altro, l’importante compito di ricostruire un passato per quelle nazioni che, non essendosi ancora costituite in Stato, non ne possedevano uno da tutti condiviso. Perciò inserirono le vicende storiche del presente in un continuum temporale perfettamente coerente e consequenziale. Presente dove si esaltava in campo economico il capitalismo e l’iniziativa privata, e in altri settori si magnificavano le scienze e la ragione. Da tale processo conseguiva l’idea che la storia umana scorresse su una linea retta, che partendo dai primordi dell’uomo conducesse inevitabilmente al progresso.
Come disse Fabretti stesso, durante la prolusione all’inaugurazione dell’anno accademico del 1880-1881: Le ricerche [archeologiche non] sono esaurite; e ai valorosi di interrogare il passato darà la terra i suoi responsi; chè della civiltà dei popoli della Superiore Italia, prima che le aquile romane vi facessero sentire il battere delle loro ali, è quasi muta la storia, e nuovi materiali si aspettano a documento delle età più lontane, ora che la scienza, lasciando nella sua placida quiete il domma indiscutibile, alla conquista della verità cammina direttamente e senza impacci, tutelata in tutte le sue manifestazioni dalla libertà di pensiero.
La presenza di Fabretti nella Repubblica romana, il suo essere libero pensatore, la sua stessa affiliazione alla massoneria – e, come conseguenza, la sua compartecipazione alle attività filantropiche da essa sostenute – si possono agevolmente spiegare in questi termini.
Un ostacolo alla laicizzazione e alla modernizzazione dell’Italia era rappresentato dall’influenza esercitata dalla Chiesa cattolica sulla società italiana. Si spiega così la contrapposizione – lo si nota chiaramente nelle lotte elettorali perugine e torinesi – che vide Fabretti schierato dalla parte della modernità contro la ferma opposizione delle gerarchie ecclesiastiche.
D’altra parte, proprio il Papa Pio IX che tante speranze aveva acceso nei liberali italiani all’inizio del suo pontificato, nel 1864, aveva emanato il Syllabus, e buona parte degli ‘errori’ contenuti nelle preposizioni pontificie erano proprio i principi in cui Fabretti credeva fermamente e, per tale motivo, egli dovette fronteggiare l’ostilità dei cattolici più intransigenti divenendo oggetto di aspre critiche.
L’adesione alla massoneria, avvenuta durante il periodo risorgimentale, non può però essere vista solo come scelta anticlericale, rappresentò per Fabretti un naturale approdo umano e intellettuale e uno straordinario strumento d’intervento sociale.
La massoneria fu, di fatto, il collante che permise alle élites liberali dell’Italia unita di depotenziare ogni possibile contrasto al loro interno e contrastare le minacce disgregatrici che volevano minare l’integrità dello stato. Pur nel rispetto delle convinzioni individuali essa funse da luogo ‘altro’ e neutro in cui persone, anche profondamente distanti tra loro – ad essa appartennero, allora come oggi, uomini d’ogni confessione religiosa e d’ogni partito politico – poterono confrontarsi serenamente.
Come conseguenza, gli ideali massonici ebbero come risvolto un impegno particolarmente rilevante nel campo associativo assistenziale laico.
Il sostegno a favore della cremazione e la presidenza – la prima in assoluto – della società subalpina, fu una delle conseguenze di quel laicismo (vocabolo sotto il quale si nascondeva, nuovamente, il verbo progressista) di cui Fabretti era un convinto assertore, e che assommati all’impegno politico e alla ricerca scientifica lo rendono un personaggio degno di essere sottratto dall’oblio della storia.
Marco Novarino è docente di Storia contemporanea presso il Dipartimento di Lingue e Letterature straniere e Culture moderne dell’Università di Torino. Si occupa principalmente di iberismo storico contemporaneo, della storia del!’ associazionismo laico e socialista, della cremazione e della massoneria italiana e spagnola.
Recentemente ha pubblicato, Más hombre! El papel de la guerra civil española en la toma de conciencia antifascista de Elio Vittorini y de los jovenes intelectuales italianos, Madrid 2006; L’addio laico. Storia della cremazione a Novara, Torino 2006; (con L. Prestia) Una battaglia laica. Un secolo di storia della Federazione italiana per la cremazione, Torino 2006;
Fratellanza e solidarietà. Massoneria e associazionismo laico in Piemonte dal Risorgimento all’avvento del fascismo, Torino 2008; (con G. Vatri) Uomini e logge nella Torino capitale. Dalla fondazione della loggia «Ausonia» alla rinascita del Grande Oriente Italiano (1859-1862), Torino 2009; Progresso e tradizione libero muratoria. Storia del Rito Simbolico Italiano, Firenze 2009; In nome del grande statista. Le logge “Cavour” a Torino dall’Unità ai giorni nostri, Torino 2011; (con F. Conti) Massoneria e Unità d’Italia. La libera muratoria e la costruzione della nazione, Bologna 2011; Tra squadra e compasso e Sol dell’avvenire. Influenze massoniche sulla nascita del socialismo in Italia (1864-1892), Torino 2013.
Demetrio Xoccato si è laureato in storia presso l’Ateneo torinese e si occupa della storia della massoneria italiana e delle dinamiche che la legano all’ associazionismo laico. Nel 2011 ha vinto, nell’ ambito del progetto Master dei talenti della società civile sponsorizzato dalla Fondazione CRT e dalla Fondazione Goria, una borsa di ricerca. Attualmente è borsista presso la Fondazione Burzio e collabora con il Centro di Ricerche Storiche sulla Libera-Muratoria.
Ha contribuito alla stesura del volume di M. Novarino e G. Vatri, Uomini e logge nella Torino capitale. Dalla fondazione della loggia «Ausonia» alla rinascita del Grande Oriente Italiano (1859-1862), Torino 2009, compilando uno dei capitoli, e, più recentemente, ha pubblicato una recensione, dal titolo Massoneria e Unità d’Italia, sulla rivista «Kosmos 315», (n. 2, 2012), una scheda biografica su Ariodante Fabrerti sul bollettino «Socremnews» (n. 1,2013) e curato la stesura, insieme a Enrico Miletto e Marco Novarino, del volume, «…senza distinzione politica e religiosa». Repertorio bibliografico e archivistico sull’associazionismo laico in Piemonte 1848-1925, Torino 2013.