A precedere l’allocuzione del Gran Maestro due eventi curati dal Servizio Biblioteca per le celebrazioni del XX Settembre: “Il cinema ricorda la Repubblica” e “Noi italiani”, due momenti di grande suggestione nel corso dei quali l’Italia è stata raccontata attraverso lenti molto particolari, pellicole che hanno fatto epoca e la grande a musica. Sergio Toffetti, studioso di cinema, già Coordinatore della Cineteca Nazionale, ci ha fatto rivivere il risveglio del nostro paese e lo slancio di cui fu protagonista l’Italia del dopoguerra nelle idee e nelle azioni, con un collage di filmati che di quell’effervescenza costituiscono testimonianza diretta. Una vera e propria chicca il documentario di 8 minuti prodotto dal governo e diretto da Renato May nel 1946, in occasione del Referendum per scegliere tra la monarchia e la repubblica, e proiettato in tutte le sale cinematografiche del territorio per spiegare le modalità del voto agli elettori. Il film si conclude con Tino Scotti comico milanese all’epoca celeberrimo soprattutto nel varietà e nell’avanspettacolo, che guarda direttamente in camera e dice: “votate per chi volete ma votate”. Toffetti ha poi proposto e illustrato una breve antologia cinematografica che ha molto divertito il pubblico. A partire da “Sogno e realtà” del 1952, regista e interprete Eduardo De Filippo, 5 minuti e mezzo di durata, in bianco e nero, un corto contro l’astensionismo elettorale, all’insegna dello slogan “un solo voto può decidere tra il bel tempo e la pioggia”, ritrovato nell’archivio di Guido Gonella, segretario della Dc negli anni 1950-1953, e restaurato da Archivio cinema d’impresa e Cineteca Nazionale in collaborazione con la Fondazione Eduardo De Filippo. Venne realizzato dall’Ufficio propaganda della Democrazia Cristiana, ma non contiene indicazioni di voto, in coerenza con la volontà di Eduardo: “Non ammetto comizi a teatro. Ammetto sì che si possa mettere il dito sulle piaghe, ma non certo che si faccia dal palcoscenico della propaganda politica. Il teatro è vita, è poesia, è un’arte che deve essere spoliticizzata, non contaminata”. E’ seguita una scena tratta dal film “La vita difficile” dove Dino Risi porta a una cena filomonarchica della nobiltà nera romana, Silvio Magnozzi, il suo inquieto intellettuale magistralmente interpretato da Alberto Sordi, al quale, come ha ricordato Toffetti, si deve anche – in “Tutti a casa “ (1960) di Luigi Comencini – l’indimenticabile battuta del sottotenente Innocenzi, che l’8 settembre, telefona al comando per avvertire, a modo suo, del “Ribaltone”. “Signor Colonnello, è successa una cosa incredibile, i tedeschi si sono alleati con gli americani”. E non poteva mancare Totò, negli “Onorevoli” di Sergio Corbucci, quando, nei panni del candidato al parlamento Antonio La Trippa, improvvisa un comizio elettorale con lo slogan: “mentre gli italiani dormono, La Trippa lavora!”.
E dopo la carrellata cinematografica, spazio alla musica con “Noi Italiani”, una straordinaria performance nel corso della quale Stefano Ragni, musicista di formazione umanistica e apprezzato divulgatore del nostro repertorio nazionale in note, ha raccontato i 70 anni di Repubblica, modulati da un passato e un presente musicale che non hanno mai conosciuto flessioni: da Riccardo Muti ai giovani di Volo, la musica italiana continua ad essere patrimonio vivo dell’umanità. Tantissimi gli artisti, ha ricordato Ragni, che hanno contribuito all’ eccellenza della musica italiana nel mondo. E di questa eccellenza il pianista, docente al Conservatorio e all’Università per Stranieri di Perugia, ha voluto ripercorrere alcune tappe: dalle antiche melodie cinquecentesche alle composizioni di Ennio Morricone, passando per il Nabucco di Verdi e le straordinarie opere di Puccini. Un posto speciale nella sua inedita antologia Ragni l’ha poi voluta riservare all’opera “Goffredo Mameli” con cui Ruggero Leoncavallo offrì il suo personale contributo alla Grande Guerra. Ha concluso il concerto un pezzo di nuova produzione dell’autore perugino Paolo Ciacci, Italian Style, una carrellata di motivi di canzoni degli anni ’60, per ricordarci, “come eravamo”.