XX Settembre. Omaggio al bersagliere Niccolò Scatoli, eroe e spirito di un’epoca

Corona d’alloro dinanzi alla tomba del bersaglie Niccolò Scatoli

Niccolò Scatoli è il bersagliere che il 20 settembre 1870 suonò la carica della breccia di Porta Pia, data che segna il culmine dell’epopea risorgimentale con Roma che diventa finalmente italiana. Il Grande Oriente , che ogni anno celebra questa storica ricorrenza nel segno dei valori di quell’epoca e dei suoi protagonisti, gli ha reso omaggio il 18 settembre: in mattinata una delegazione del Goi, guidata dal Gran Maestro Stefano Bisi,  si è recata al Cimitero di Anzio per gli onori al bersagliere, al quale nel pomeriggio è stato dedicato anche un convegno dal titolo “Niccolò Scatoli, eroe e spirito di un’epoca” al quale hanno preso parte il Gran Maestro Aggiunto Santi Fedele, docente di storia contemporanea all’Università di Messina e il pronipote del celebre  bersagliere Alessandro Vannini Scatoli, che ha portato al Vascello e mostrato al pubblico quella bandiera che era sul carro del 34esimo reggimento al momento della conquista di Roma. Un vessillo cucito alla buona, con i colori verde rosso e bianco invertiti, ma oggi icona di uno dei momenti fondanti della nostra storia. Fu in quel 20 settembre del 1870 infatti che si compì davvero l’unità d’Italia, ma al tempo stesso si verificò “una lacerazione profonda”, come ha sottolineato Santi Fedele. Il Papa infatti all’ingresso dei bersaglieri si autoproclamò “prigioniero del re” e invitò  i cattolici a non riconoscere lo stato unitario, sollevando un grave problema di legittimazione, il cui compimento richiese un lungo processo, al quale largamente contribuì anche la Massoneria. “Bisognava sviluppare una coscienza nazionale  -ha riferito Santi Fedele- creare un sentimento di appartenenza”. E lo si fece attraverso simboli, cerimonie, manifestazioni pubbliche, persino intervenendo nella toponomastica, ma anche attraverso il ricorso a due potenti strumenti: l’esercito, che con la coscrizione contribuì ad avvicinare i giovani delle diverse zone d’Italia e la scuola, che nel 1884, grazie al ministro Michele Coppino, un massone, divenne obbligatoria per i primi due anni. Non solo, un altro massone, letterato, che fu anche ministro, Francesco De Sanctis, utilizzò Dante Alighieri per accreditare l’idea di una secolare tradizione culturale italiana  e una comune lingua. Anche la costruzione del mito Giordano Bruno, fino alla realizzazione della statua in Campo dè Fiori a Roma, che tante polemiche suscitò e proteste, servì allo stesso scopo: dare all’Italia appena nata credenziali autorevoli e laicizzanti. Al raggiungimento di questo obiettivo parteciparono anche Giosuè Carducci, bardo della nuova Italia e Giovanni Pascoli, entrambi affiliati al Grande Oriente d’Italia.

Nel 1897 il XX Settembre fu proclamato di festa nazionale da Antonio Starabba, marchese di Rudinì, anche lui libero muratore, festa che venne abrogata dal Fascismo nel 1930 all’indomani del Concordato con la Chiesa. Ma il punto non è “se celebrare o meno quel giorno e in che modo”. Il punto è che il XX Settembre non deve essere più sentita come una data di divisione. Anche la Chiesa è arrivata a dire che la breccia di Porta Pia fu una benedizione, perchè, togliendole il potere temporale, la mise in condizione di esercitare al meglio il suo più alto magistero, quello spirituale. Fedele ha citato Paolo VI e anche il Cardinale Angelo Bagnasco, che nel 2010 definì l’Unità d’Italia “una conquista preziosa e ancoraggio irrinunciabile”, invitando a dissipare ogni ombra retaggio del passato.Il XX Settembre, ha aggiunto Santi Fedele, deve essere la festa di tutti gli italiani, “non è una sconfitta di nessuno, ma una vittoria di tutti, come Niccolò Scatoli è un eroe di tutti”. E a tracciare l’identikit segreto del più celebre bersagliere d’Italia è stato il pronipote, che lo ha dipinto come un senese doc, un po’ sanguigno, pieno di vita e appassionato. “Aveva 11- 12 anni- ha raccontato- quando scappò di casa, perchè voleva combattere per l’Italia. Fu rispedito indietro. Ma non si arrese e alla fine riusci’ a unirsi a Garibaldi. Fu in prima line con la sua tromba anche Custoza nel 1866, dove si distinse per il suo eroismo. Non era un erodito -ha sottolineato il pronipote- ma un uomo animato da una grande passione civica. Durante la breccia di Porta Pia venne ferito a un piede, ma non ci fece caso. E festeggiò tutto il giorno e tutta la notte, fino a quando non cominciò a star male e dovettero amputargli la gamba”.  Scatoli visse ancora moltissimi anni e  morì nel 1935. E’ lui uno dei due trombettieri ritratti da Michele Cammarano nel celebre dipinto dedicato all’ingresso dei bersaglieri a Roma. Una targa lo ricorda al Gianicolo, dove gli è stato intitolato un Belvedere.

 



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